"Ci sono incontri che ti cambiano la vita.
Persone straordinarie che ti comunicano qualcosa che entra a far parte di te.
A volte sono stimoli, a volte dubbi, a volte idee.
Emozioni, storie, passioni.
A volte sono un pugno nello stomaco che ti toglie il fiato,
che ti lascia dentro una rabbia e un senso d'ingiustizia subito intollerente,
ingiusta.
Questo, per me, è stata Tina Merlin.
Non l'ho mai conosciuta di persona, ma l'incontro c'è stato ugualmente attraverso le pagine di questo libro.
Le storie non esistono finché non c'è qualcuno che le racconta
La tragedia del Vajont esisteva,
eccome!
..."
tratto dalla prefazione
di
Marco Paolini
a
"Sulla pelle viva
Come si costruisce una catastrofe.
Il caso del Vajont"
di
Tina Merlin
di
Marco Paolini
a
"Sulla pelle viva
Come si costruisce una catastrofe.
Il caso del Vajont"
di
Tina Merlin
e
le storie entrano nel cuore
le storie entrano nel cuore
in molti,
diversi modi.
la voce narrante può cambiare
ed
a volte
è
è
il silenzio a raccontare
...
ci son storie che ascolti da sempre,
storie
trovan voce in un fruscio di foglia,
in una scintilla nel camino,
in una sera,
guardando vecchie foto.
guardando vecchie foto.
son le storie del nostro babbo,
dei suoi vent'anni,
dove la fatica della naja incontrava
zaini pesanti e treni,
risa e bevute,
muli dal morso facile e vecchi scarponi,
neve
e
nere piume svettanti sul cappello
e
nere piume svettanti sul cappello
...
ci son storie che conosci a memoria
e
a memoria ne conosci i protagonosti
a memoria ne conosci i protagonosti
...
ci son storie
che
non ti hanno mai raccontato,
per dolore
o
sconcerto,
ci son storie
che
ti vengono a cercare,
che
entran di botto,
che
non ti hanno mai raccontato,
per dolore
o
sconcerto,
ci son storie
che
ti vengono a cercare,
che
entran di botto,
come un pugno nello stomaco,
magari
magari
quando
tu hai diciassette anni,
e
nel camino una scintilla gioca.
storie
che
e
nel camino una scintilla gioca.
storie
che
da sempre ti stavan ad aspettare,
su quegli stessi binari
su quegli stessi binari
che,
percorreva il tuo babbo
percorreva il tuo babbo
e
poco importa se la voce che le racconta non la conosci,
poco importa
se quel menestrello non è seduto vicino al camino con te,
poco importa se ti parla da una scatola,
importa poco,
perchè parla con te,
a te
poco importa perché il tuo babbo,
lui sì,
è
è
vicino a te
e
dice:
dice:
"Longarone,mi ricordo...
era sulla strada del treno,
per arrivvare lassù..."
poco importa,
perchè
quel menestrello
quel menestrello
ci tenne tutti davanti a quella scatola,
vicini,
ad ascoltare
ad ascoltare
una storia che
per la mia mamma ed il mio papà
era già stata
dolore,
sconcerto,
era già stata un pugno
era già stata
dolore,
sconcerto,
era già stata un pugno
e
che per me
lo era,
quella sera,
per la prima volta
quella sera,
per la prima volta
...
è
la storia delle Alpi
che abbraccian Belluno e Pordenone,
è
la storia di monti
che hanno
visto il mio babbo a ventanni nel '58
e
la tragedia,
poco dopo,
poco dopo,
nel '63
su quei monti,
qualche anno fa,
eravamo già state,
eravamo già state,
durante un'altra pausetta ri-creativa,
eravamo già
state lassù,
ripercorrendo i passi di quei vecchi scarponi
e
fermandoci
su
quella strada,
immobili,
a guardare,
in silenzio,
quei binari
...
ma ancora,
nel cuore sentivamo di dover andare,
e
durante questa nostra pausetta
siam ripartite
perchè ci son storie che entran a far parte di te
storie che,
a volte,
ti parlan in silenzio
il silenzio che ti parla
nelle pietre,
un silenzio che è colmo
di parole non dette,
di sogni non sognati,
di vita che non ha potuto vivere.
il silenzio che ti parla
di acqua e di monti che si sgretolano,
di acqua che,
per miracolo ti lascia vivo
ma
ti strappa tutto.
silenzio che parla di una notte di ottobre,
e
di case che non puoi più abitare,
di radici che si strappano
pietre che ti parlano,
in silenzio,
del coraggio di crederci ancora,
sempre
di non fermarsi mai.
pietre
che diventan sorriso
e
gentilezza
ed
a quel panino rigalan un meraviglioso sapore
a quel panino rigalan un meraviglioso sapore
quello
di una vita che ancora c'è
...
e
che non vuole,
non può
dimenticare,
che deve
vivere
e
raccontare
26maggio2007 | tendo l'orecchio e sento il passo dei ricordi della perduta casa solo una pietra cerco | M.C. |
se c'è qualcosa che può sostiuire l'amore questa è la memoria |
ed
in questa nostra pausetta
in questa nostra pausetta
abbiam incontrato un'altra storia,
ed
un altro libro che la racconta
un altro libro che la racconta
è la storia di Marinella,
del suo quaderno di scuola,
trovato
nel fango
dopo quella notte
del
9 ottobre 1963,
quando un'onda altissima,
provocata da una frana di
270 milioni di metri cubi di pietra
e
terra si stacca dal monte Toc
e
terra si stacca dal monte Toc
e
precipita
precipita
nella diga del Vajont.
quell'onda colpisce le frazioni basse di Erto,
portando via tutto quello che trova.
poi supera la diga
e
precipita nella valle del Piave.
Longarone
viene travolta
e con lei le frazioni di Rivalta,Pirago,Faè,Villanova,
la parte bassa si Codissago e Vajont.
quell'onda
che
uccise lei
ed
altre 2000 vite
...
gli abitanti
del comune di Erto e Casso
del comune di Erto e Casso
vennero allontanati
DOPO
quella notte,
persone sfollate nei paesi e nelle città
limitrofe.
Profughi
solo anni dopo
poterono
tornare
solo dopo
poteron tentare di ripartire da lì,
da e su
quelle montagne,
quelle montagne,
per cercar ricordi in pietre,
per
ricominciare
"Le duemila persone che "dormono"sulla collina di Fortogna non sono vittime di una catastrofe naturale,
di un evento imprevedibile causato dalla natura.
Sono morte in una terribile sera di ottobre per un disastro provocato da uomini che hanno anteposto alla vita i propri interessi
e
una smisurata sete di guadagno.
Uomini accecati dal desiderio di potere e di prestigio si sono rifiutati di guardare e
capire ciò che la natura continuava a dire loro,
col suo linguaggio muto,
ma comprensibile.
Più di una volta, prima del completamento della diga del Vajont,
il monte Toc aveva cominciato a franare e più di una volta boati e scosse avevano avvisato che il territorio stava soffrendo.
...
Le proteste dei contadini di Erto e Casso,
le denunce della giornalista Tina Merlin,
i timori della gente di Longarone;
le relazioni di alcuni geologi che dimostravano come
la frana del Vajont
fosse innarrestabile,
gli esperimenti realizzati prima del collaudo della diga che annunciavano un gravissimo pericolo
non convinsero
i responsabili del progetto a rinunciare.
A fermarsi.
A fare un passo indietro.
A salvare duemila vite.
Una storia triste, vero?
Che ci auguriamo non possa ripetersi più.
Anche se spesso,oggi, abbiamo notizia di progetti e interventi sul territorio che lo snatureranno per sempre,
che ne cambieranno il profilo e il delicato ecosistema.
Chissà se saremo capaci di imparare a rispettare la natura,
la nostra casa Terra e i suoi abitanti.
Marinella vorrebbe che questo desiderio diventasse realtà.
I suoi sogni, la sua allegria, il suo sorriso sono stati travolti anche da un'onda di egoismo.
Ma lei ci ha lasciato una traccia di sè.
Le sue parole scritte su un quaderno di scuola sono sopravvissute.
E sono sopravvissuti i suoi pensieri, il suo entusiasmo, il suo ottimismo.
Io sono convinta che Marinella possa sorridere ancora in ciascuno di noi.
Quando non tradiamo le cose belle che la vita
e
la natura ci mettono a disposizione.
Quando
ci rallegriamo per il sole, per il volo di una rondine,
per il profumo di una giornata appena iniziata.
Quando rispettiamo chi ci sta vicino,
e
chi arriva da lontano,
quando rispettiamo
la terra, l'acqua, l'aria che ci nutrono.
Quando facciamo progetti senza dimenticare il valore dell'equilibrio."
tratto da
"La storia di Marinella.
una bambina del Vajont"
-Emanuela Da Ros-
le nostre pausette ri-creative,
spesso raccontan storie
spesso parlano di passi da camminare
...
spesso
in quel bisogno di andare c'è il desiderio di tornare
e
tornando
di raccontare ancora
di un evento imprevedibile causato dalla natura.
Sono morte in una terribile sera di ottobre per un disastro provocato da uomini che hanno anteposto alla vita i propri interessi
e
una smisurata sete di guadagno.
Uomini accecati dal desiderio di potere e di prestigio si sono rifiutati di guardare e
capire ciò che la natura continuava a dire loro,
col suo linguaggio muto,
ma comprensibile.
Più di una volta, prima del completamento della diga del Vajont,
il monte Toc aveva cominciato a franare e più di una volta boati e scosse avevano avvisato che il territorio stava soffrendo.
...
Le proteste dei contadini di Erto e Casso,
le denunce della giornalista Tina Merlin,
i timori della gente di Longarone;
le relazioni di alcuni geologi che dimostravano come
la frana del Vajont
fosse innarrestabile,
gli esperimenti realizzati prima del collaudo della diga che annunciavano un gravissimo pericolo
non convinsero
i responsabili del progetto a rinunciare.
A fermarsi.
A fare un passo indietro.
A salvare duemila vite.
Una storia triste, vero?
Che ci auguriamo non possa ripetersi più.
Anche se spesso,oggi, abbiamo notizia di progetti e interventi sul territorio che lo snatureranno per sempre,
che ne cambieranno il profilo e il delicato ecosistema.
Chissà se saremo capaci di imparare a rispettare la natura,
la nostra casa Terra e i suoi abitanti.
Marinella vorrebbe che questo desiderio diventasse realtà.
I suoi sogni, la sua allegria, il suo sorriso sono stati travolti anche da un'onda di egoismo.
Ma lei ci ha lasciato una traccia di sè.
Le sue parole scritte su un quaderno di scuola sono sopravvissute.
E sono sopravvissuti i suoi pensieri, il suo entusiasmo, il suo ottimismo.
Io sono convinta che Marinella possa sorridere ancora in ciascuno di noi.
Quando non tradiamo le cose belle che la vita
e
la natura ci mettono a disposizione.
Quando
ci rallegriamo per il sole, per il volo di una rondine,
per il profumo di una giornata appena iniziata.
Quando rispettiamo chi ci sta vicino,
e
chi arriva da lontano,
quando rispettiamo
la terra, l'acqua, l'aria che ci nutrono.
Quando facciamo progetti senza dimenticare il valore dell'equilibrio."
tratto da
"La storia di Marinella.
una bambina del Vajont"
-Emanuela Da Ros-
le nostre pausette ri-creative,
spesso raccontan storie
spesso parlano di passi da camminare
...
spesso
in quel bisogno di andare c'è il desiderio di tornare
e
tornando
di raccontare ancora
il menestrello che in quella sera ci parlò era Marco PAOLINI
"VAJONT 9 ottobre '63 orazione civile"
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se di quà sei passato e un leggero pensiero vuoi lasciare,
sussurra le tue parole al vento,
le fate lo sentiranno....