Genova, 20 luglio 2001
E' passato un anno da quando vi abbiamo raccontato la storia di quei due ragazzi,
di quei due ragazzi e del loro primo viaggio insieme.
Ne son passati 13,
da allora,
da quando,
con una Panda bianca ed uno zaino pieno di sogni e limoni,
partirono per quella città sul mare...
13 anni
oggi,
se quei due ragazzi si guardano allo specchio
tra i capelli vedon fili d'argento
e sul viso i segni lasciati dai
troppi sorrisi
e
dai tanti sogni
13 anni
ed uno zaino,
ancora
vicino alla porta,
ancora pronto
13 anni
ed ancora nel cuore e nei piedi
quelle parole
:
"un altro mondo è possibile,
senza se e senza ma "
parole
che hanno continuato a cantare
ogni giorno
da allora,
nelle loro giornate
o
aggrappati al loro zaino,
sulle Valli tra i monti,
e nelle città
.
..
13 anni
ed uno zaino,
ancora
vicino alla porta,
ancora pronto
con dentro ancora sogni da sognare,
ed altre strade da percorrere
13 anni
ed uno zaino di storie da raccontare,
ancora,
per non dimenticare
quel che accadde in un giorno di luglio,
in quella città sul mare
13 anni fa
:
" Caro Jack, ti racconto una storia che mi è capitata questa estate.
Mio padre mi ha lasciato partecipare alla manifestazione contro il G8 dietro mia stressante richiesta.
Gli ho ricordato la mia promozione in quinta con la media dell'8, gli ho promesso di non chiedergli soldi fino a ottobre, e lui alla fine ha ceduto.
A Genova ho conosciuto Martin, un ragazzo tedesco. Ha gli occhi marini, Jack, e io ci annegavo dentro. Martin ha 25 anni, è di Francoforte. Mi ha parlato molte volte, in un inglese sdrucciolo, secco, delle stesse cose di cui mi parli tu, in un modo molto simile, e ogni tanto ci sparavamo in faccia un titolo di uno dei tuoi dischi della vita, e cantavamo insieme. Durante quei giorni a Genova mi innamorai di lui così perdutamente, che decisi di regalargli la 'mia prima volta'.
Manifestammo, cantando canzoni dei Beatles e di Manu Chao con le mani dipinte di bianco.
C'erano ragazzi da ogni parte del mondo. Scandivano slogan contro i talebani, Jack, noi per primi, perché lo avevamo sentito, anche da te. Dentro la zona rossa però, la parola talebani, non arrivava. Quegli otto signori, che io rispetto e che ancora con forza considero i miei rappresentanti, non ci ascoltavano.
Mio padre tenne un diario in quel primo giorno di G8, Jack. Te ne trascrivo una piccola parte.
"... E gli scontri per fortuna tardano ad arrivare...
Giorgiana, ho paura "
Jack io so che tu sai perché mio padre mi ha chiamata così... Ma io ero al sicuro.
Il giorno dopo mio padre mi raccontò al telefono degli scontri, però io non ci pensavo.
Ero capitata in posti sempre tranquilli. Martin mi guidava. Sapeva tutto della città, e capiva con uno sguardo se era il caso di muoversi in una strada o in un vicolo. Non ci è successo mai nulla.
L'ultima sera mangiammo pizza seduti sul marciapiede e andammo a dormire insieme in una
scuola-ricovero. Allungammo i nostri sacchi a pelo nell'angolo più buio del corridoio.
c'erano candele accese, i ragazzi fumavano e chiacchieravano in quel nuovo esperanto che abbiamo inventato in questi anni; parlavano di Carlo, parlavano del futuro. Io e Martin ci baciammo a lungo, quella sera. Mi spogliai nel sacco a pelo e mi diedi a lui, perdutamente, al suono delle chitarre.
E poi, a un tratto, arrivò la Polizia. "
TRATTO DA:
- lettera di Giorgiana -
Jack l'uomo della Folla Diego Cugia Strade Blu
-RaiEri- Mondadori